Che le ossa - in particolare quelle umane - venissero considerate un elemento strutturale simile a travi e pilastri delle costruzioni, in virtù della loro funzione portante, non è una notizia originale.
La notizia interessante è che un team di ricercatori delle Università americane Case Western Reserve, Cornell e Purdue, ha iniziato a indagare e analizzare la loro struttura interna, il modo in cui le loro fibre sono composte e disposte, con lo scopo dichiarato di ottenere informazioni e schemi utili alla realizzazione di un nuovo materiale, stampabile in 3D.

Lino, cotone, canapa, lana, seta sono alcuni dei materiali naturali utilizzati per confezionare i nostri abiti. Dalla loro scoperta ad oggi, molte cose sono cambiate, al fine di migliorarli per renderli adatti ad ogni tipo di attività; leggeri, resistenti, intrecciabili con tessuti differenti di tipo artificiale o sintetico che ne migliorano notevolmente le prestazioni. 
Ma al MIT, il Massachusetts Institute of Technology, i ricercatori del Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory, sono andati oltre.

Dalla scienza arrivano spesso soluzioni impensabili dalla combinazione di elementi che, apparentemente, non hanno nulla a che fare tra di loro. Da sempre il periodo estivo è caratterizzato da un fastidioso fenomeno, quello delle zanzare, piccoli insetti che provocano sulla nostra pelle evidenti fenomeni cutanei. 

Il legno è uno dei materiali più nobili e apprezzati per le sue qualità estetiche, tecniche e per la quantità e versatilità dei possibili impieghi.
Ottenere oggetti complessi, però, non è semplice come per il metallo, dove il riscaldamento delle sue parti ne provoca la fusione e la miscelazione. L’unione deve quindi avvenire in altro modo, ad esempio utilizzando sistemi esterni come chiodi, viti, perni, rivetti o ancora per collaggio.
In realtà esiste una tecnica molto più antica e raffinata, frutto dell’arte sapiente di artigiani falegnami, che consente di unire pezzi di legno attraverso giunzioni perfette, senza l’utilizzo di elementi esterni e capace di garantire durevolezza e resistenza a ciò che viene realizzato.

È risaputo che uno dei punti deboli di alcuni metalli è la loro scarsa resistenza all’azione corrosiva dell’acqua e degli agenti atmosferici. È pur vero, però, che esistono metalli più preziosi, assolutamente indifferenti a questo problema, come ad esempio l’alluminio o il rame, ma anche il cromo, il nichel, lo zinco in grado di ricoprirsi di un ossido che isola la loro superficie dall’azione corrosiva dell’acqua e dell’umidità preservandone la loro integrità.
Da circa un secolo, l'uomo ha trovato un processo capace di sfruttare le caratteristiche straordinarie di questi ultimi metalli per potenziare le proprietà degli altri e renderli più idonei ad un uso prolungato: si tratta della galvanica.

Questa volta tocca al vetro, materiale dalle mille sfaccettature, trasparente, solido, malleabile, duttile; ogni giorno ne verifichiamo le infinite potenzialità. Ma ahimè, abbiamo quasi tutti vissuto la spiacevole esperienza della sua rottura, per esempio quando il nostro amato smartphone cade per terra.

Che la plastica sia un materiale eccezionale, con proprietà uniche tali da averci resi dipendenti dalla sua esistenza, è cosa nota. Ma è noto anche che essa sia portatrice di gravi problemi per il pianeta, inquinando in maniera permanente attraverso diversi fenomeni come quelli delle micro plastiche, delle isole di spazzatura negli oceani, dell’inquinamento delle terre e dell’aria per la difficoltà di smaltimento.

È stato da poco pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Nature Photonics il risultato di una ricerca made in Italy. Si tratta di un nuovo materiale scoperto dal Dipartimento di Scienza dei materiali dell’Università Milano-Bicocca.

A quanti non è capitato di dover scorrere tra le icone del proprio smartphone e la superficie touch del suo schermo e rendersi conto che questo non rispondeva ai comandi perché indossavamo i nostri guanti di lana, in quanto pieno inverno.